venerdì 22 settembre 2017

Lo zaino di Jambo: Jamaica, i colori della musica


Conturbante e affascinante. Trasgressiva quanto divertente.
L'unica isola in grado di coniugare tutte queste caratteristiche è la Jamaica.
Situata nel cuore dei Caraibi e incastonata nell'azzurro dell'oceano, è un atollo di colori e musica, una specie di oasi galleggiante in cui a farla da padroni sono la natura incontaminata e le spiagge, che orlano con la loro sabbia bianca.





La barriera corallina che la protegge, ne fece presto un punto d'approdo ideale.
Soprattutto dopo che l'isola, che fa parte dell'arcipelago delle Antille, venne scoperta da Cristoforo Colombo.
Correva l'anno 1494.
Fino ad allora i soli a calpestare il suo suolo erano stati i pacifici amerindi Arawak che l'avevano ribattezzata Xaymaca (isola di primavera).
Nel 1509 divenne dominio spagnolo; oltre allo zucchero, il popolo europeo portò in Jamaica lo schiavismo, quello degli Arawak, che di li a poco si estinsero per l'eccessiva durezza del lavoro, i maltrattamenti subiti e il diffondersi delle malattie europee.
Nel 2013 eccomi qui...
Non ho mai capito perché quest'isola è rientrata nel mio programma di destinazioni di viaggio, non ho mai avuto bisogno di "rilassarmi", Bob Marley non è mai rientrato in una mia playlist, e ho solo 7 capelli in testa, dunque non necessari per una treccina.
Ma ho sempre pensato che a volte, e questo ti capita solo viaggiando, le "belle storie" nascono appunto così.
Lascio un'Italia alle prese con una campagna elettorale che mi ha fatto arrivare i maroni a 8 ore di volo.
Il malcontento dei cittadini per bene è in contrasto con le forti menzogne di quelle persone che sono al potere e che sicuramente non sono per bene.
Certo... per farmi una canna me ne potevo andare al Parco Sempione e non certo sorvolare l'Oceano con un aeroplano che non ho ancora capito di che compagnia aerea è!
Ma ora sono qui, e qui ci sto!.








Per conoscere la Jamaica non si deve avere un programma e io comincio dalla costa settentrionale e, più precisamente, da Negril.
Qui il turismo la fa da padrone: da tutti questa città è conosciuta come il luogo più dinamico e giovanile dell'isola. Dinamica e giovanile appunto...cominciamo bene!
Sulle sue spiagge ammiro alcuni artigiani locali lavorare il legno e assaggio il famoso jerk di maiale. Una colazione leggerina.
Proprio a Negril si trova Long Bay, con i suoi 11 chilometri è la più grande spiaggia della Jamaica.
Delimitata da palme da cocco, si affaccia sul mare aperto e, più precisamente, sulla barriera corallina.
Il mare è cristallino, la sabbia di un bianco accecante ed è uno dei pochi luoghi dove si può prendere il sole nudi.
Mi guardo attorno e non so se per stile o per misure ma preferisco sfoggiare i miei bermuda di un colore improponibile piuttosto che partire già sconfitto e demoralizzato.
Ci sono più piselli al vento qui, che al mercato di via Fauchè.
Il viaggio prende forma, comincio a ridere, il bermuda è tolto e dopodiché a ridere non sono il solo.
Ma non importa, almeno posso contare sulla sua storia...
Questa bellissima zona è ricca di ristoranti, è ovvio che dopo ti viene un po' di fame, è tutto calcolato attentamente come un copione già visto, già scritto.
E' possibile praticare snorkeling e fare escursioni a sud della città, ad esempio sul Black River, un fiume dove vivono ancora dei coccodrilli, e sulle YS Falls, cascate meno famose di quelle di Ocho Rios, ma altrettanto spettacolari, immerse in un vero proprio giardino di piante secolari, liane e boungavillee.
Per tutelare l'intero bacino di Negril è stata istituita la Negril Watershed Environmental Protection Area, la prima area naturale protetta di questo genere in Jamaica: comprende un parco marino, la zona paludosa della Great Morass a nord e le vicine foreste di mangrovie.
Montego Bay, il suo nome tradotto letteralmente è "baia del lardo" e deriva dal fatto che proprio questa città era rinomata in passato nell'isola per il lavoro di salatura del lardo dei cinghiali.






Molto simile ad una metropoli occidentale per quel che riguarda la vita notturna, tra ristoranti, locali alla moda e negoziati accattivanti, è considerata oggi il fulcro della musica raggae.
Chi la visita in agosto non può in alcun modo perdere il Reggae Sumfest, la più importante manifestazione jamaicana dedicata alla musica di Bob Marley e di Peter Tosh, ma ora siamo a gennaio e io continuo col mio Ipod ad ascoltare una spettacolare compilation Live di Iva Zanicchi.
Lo avevo accennato prima: il viaggio prende una certa piega.
Al centro della costa settentrionale si trova Ocho Rios.
Terza città dell'isola è intrappolata tra colline verdi e Turtle Beach, una lunga spiaggia a forma di guscio di tartaruga.
E in questo luogo che inizio ad assaporare tutto lo splendore della natura jamaicana; a 3 chilometri ad ovest sono situate infatti le Dunn's River Falls.
Queste cascate, sono un'oasi di respiro nel verde che circonda Ocho Rios.
Praticamente immerse nella lussureggiante foresta pluviale, sono costituite da scalini calcarei che degradano per 180 m fino alla spiaggia, formando una serie di laghetti dove ci si può tranquillamente immergere.
Ai piedi delle Blu Mountains sorge poi Port Antonio, uno dei pochi angoli di tranquillità dell'isola.
Anche nella Blu Hole il relax è padrone assoluto.
Si tratta della laguna dove venne girato "Laguna Blu", un tratto di mare blu intenso, dai cui fondali si sviluppano sorgenti di acqua minerale dai risvolti terapeutici.
Un altro noto film venne girato su una spiaggia di Port  Antonio.
Si tratta di "Cocktail", in cui Tom Cruise gestiva un bar a Dragon Bay.
Oggi mi trovo qui per il casting de "L'uomo dai bermuda del mercato" un thriller tra la realtà e qualche canna di troppo.
La più occidentale delle località jamaicane è Spanish Town, forse pe via di chi la progettò.
Fu Diego Colon, figlio di Cristoforo Colombo.
Ultima perché la più interna ma prima, in quanto capitale, è Kingston.
Situata sulla costa sud orientale dell'isola, in una baia naturale ai piedi delle Blu Mountains, è il cuore pulsante dell'isola e il suo centro culturale e commerciale.
Kingston fu fondata nel 1692, dopo che la vecchia capitale Port Royal venne distrutta da un terremoto.








Metropoli frenetica e agitata, non è una meta prevalentemente turistica: risente di una cattiva nomea che, pur parzialmente meritata, oscura le sue numerose attrattive.
Muovendosi tra architetture georgiane e moderne sono molte le cose da vedere: la grande ed eccentrica Devon House, un fine esemplare di architettura del '900, King's House, antica residenza del governatore, costruita nel 1765, il National Heroes Park, dedicato agli eroi nazionali e il Sir William Grant Park, nel centro di Down Town, dedicato ai leader dei laburisti del 1938 e luogo di ritrovo degli abitanti di Kingston.
Telefono in Italia e le cose da quelle parti sono sempre le stesse: il "nano ghiacciato" ritorna in politica, una banca ha fottuto un po' di soldi e la ricerca su gravi malattie è allo spasimo per i tagli effettuati dal governo.
Dopo queste notizie penso che una settimana fa ho lasciato il terzo mondo e ora mi trovo in un mondo, certo, magari più povero, ma sicuramente con molta più dignità.
Poseguo verso New Kingston dove si trova il luogo più visitato dai turisti: Il Bob Marley Museum, allestito proprio presso la casa della star del reggae.
Raccoglie vari cimeli della vita dell'artista: incredibile la stanza del cantante con la chitarra a forma di stella a fianco del letto, i fori delle pallottole penetrate nel muro posteriore durante un attentato avvenuto nel 1976 e l'albero sotto il quale Marley fumava la gnja e suonava la chitarra.
Una sosta sotto questo albero non è solo dovuta...
Comunque tutte le serate da queste parti sono all'insegna della musica raggae.





Il lungomare nella parte centrale di Kingston, è un ottimo luogo per fare una bella passeggiata e per visitare il mercato dell'artigianato lungo le banchine.
A pochi isolati si trova la National Gallery, che espone opere jamaicane dagli anni '20 a oggi, tra cui una bella collezione delle sculture di Edna Manley.
Poi vado a farmi un giro alla rovine di Port Royal, l'antica capitale dell'isola, fondata dal corsaro Henry Morgan.
Nel XVII secolo è stato il più grande covo dei pirati e bucanieri delle Antille; l'antico villaggio è oggi in fondo al mare a causa del violento terremoto avvenuto nel 1692.
Port Royal con i suoi chioschi e ristorantini, che servono fritto misto e zuppa di pesce, oggi è un grazioso villaggio di pescatori, meta delle scampagnate domenicali dei kingstoniani, insomma, una sorte di brianza per i milanesi.
A metà strada tra le città e il centro dell'isola, ci sono una serie di posti che è impossibile evitare di farsi un giro.
Primo fra tutti, il Cockpit Country, un altipiano calcareo di 1300 kmq con il suo scenario difforme, fatto di collinette coniche e profonde depressioni.
C'è poi Alligator Pond, un luogo più che mai mistico, quasi distaccato dal resto dell'isola per via della sua collocazione.
Tra le numerose spiagge è di rigore non perdere Treasure Beach, situata lungo la costa meridionale della Jamaica, in cui si alternano promontori rocciosi a piccole spiagge romantiche in cui la sabbia sposa nel colore del corallo.
Ho passato 2 settimane in un'isola unica quanto i miei bermuda. Talmente unici che nessuno li ha voluti come regalo.
Un colore improponibile, lo stesso colore dei pensieri della gente che rivedrò dopo una decina di ore di volo.